Cinque cose che devi sapere su Facebook
Ho sempre pensato di volerne parlare sul blog, ma allo stesso tempo qualcosa mi ha fermata. Lo spunto arriva dopo aver letto le parole di un ex vicepresidente di Facebook, che accusa l’azienda di aver creato un circuito di dipendenza sociale.
La risposta ufficiale di Facebook ammette il problema.
Fin da quando, per lavoro, ho iniziato a capire meglio i meccanismi di Facebook, ho cercato di trasmettere agli altri una consapevolezza maggiore dell’utilizzo che se ne fa. E l’ho fatto per un motivo molto chiaro: mi sono subito resa conto dell’ingenuità con cui si forniscono alla rete dati personali, informazioni e notizie che non diremmo neanche al nostro migliore amico. E delle reazioni emotive agli stati e ai commenti.
Con questo post voglio condividere ciò che ho capito in questi anni di interregno tra realtà e social media: che i social non sono da demonizzare, ma va modificato il nostro approccio verso di loro.
Ho cercato di riassumerlo in cinque punti, anche se ce ne sarebbero molti altri di aspetti da considerare.
Facebook non è gratis
In aula, mi ritrovo spesso a fare questa domanda “Come mai Facebook, WhatsApp, Messanger sono gratuiti?”. La maggior parte delle volte, mi guardano come se non si fossero mai posti una domanda del genere. Allora incalzo. “E’ possibile che vi offrano un servizio senza chiedere nulla in cambio?”
La risposta è semplice: questi servizi non sono gratuiti.
La moneta che è sul piatto dello scambio sono i nostri dati personali, i gusti, gli hobby, il modo in cui trascorriamo il tempo libero, chi frequentiamo e chi conosciamo, i nostri figli, i nostri genitori, il lavoro, le opinioni politiche e religiose, gli ideali, le ansie, le paure. I nostri sogni. Tutto ciò che noi crediamo di condividere con i nostri amici, parenti, conoscenti. I dati che forniamo ai Social, inconsciamente o consciamente, attraverso le nostre interazioni.
In genere, a questo punto, qualcuno si indigna e dichiara che non ci sta. “E lasceresti Facebook, WhatsApp, Messanger in questo stesso momento?”
Vogliamo essere sempre più connessi, vogliamo il nostro “circolo di dopamina” quotidiano, vogliamo sapere cosa fanno i nostri contatti, ma non cacceremmo un euro, se fosse a pagamento. Ma i dati personali, quelli sono gratis. E li forniamo, senza farci problemi su dove andranno e a cosa serviranno.
Facebook serve a mantenere vive le relazioni
I Social Media sono divertenti e utili. Se penso ai vantaggi di Facebook, mi viene subito in mente che non avrei mai interagito con alcune persone se non avessi avuto la possibilità di “conoscerle” attraverso i social. Stessa cosa con gli amici e i parenti lontani, che sono addirittura oltreoceano o in un altro emisfero. In fondo, era proprio questo lo scopo iniziale di Facebook!
Un altro dei vantaggi è sicuramente a livello commerciale: piccolissime imprese hanno la possibilità di farsi conoscere ed apprezzare, proprio grazie ai social che offrono loro uno spazio in cui esprimersi. Nel “vecchio sistema” della comunicazione non avrebbero avuto la forza economica per poter allargare il loro giro, schiacciate da aziende con maggiori capacità di investimento pubblicitario.
In più, i social sono rilassanti: puoi sognare ad occhi aperti guardando foto di viaggi e scoprire luoghi che non sapevi che esistessero. Puoi venire a conoscenza di raccolte di crowfunding, esperienze, eventi, letture, film e serie da vedere. Insomma, incuriosirti e conoscere cose nuove!
Facebook non è il mezzo per farsi un’opinione
Il sistema è fatto in modo che ogni utente viva all’interno di una “bolla”, che gli mostra solo quello a cui è realmente interessato.
Un esempio pratico: sulla mia bacheca non troverete mai informazioni sul calcio, perché è uno sport che mi annoia da morire. Ora, è impossibile che nel mio migliaio di contatti nessuno parli mai di calcio. Però, Facebook sa bene che, se un giorno io aprissi la bacheca e trovassi solo post di Champions League, chiuderei l’App e non sarei tentata di tornarci.
Ecco perché è importante non fermarsi ai Social Media, ma cercare di creare le proprie opinioni, i propri pensieri e capire il mondo attraverso tutte le forme di conoscenza che abbiamo. E sono tantissime. Se il mondo reale fosse quello che ho sulla bacheca, significherebbe che il calcio non esisterebbe. Chiaro, no? 😉
Facebook non è una psicoterapia
Un like non è altro che un clic su un icona. Non diamogli più valore del necessario. Non stiamo cambiando il mondo e tantomeno diventando Chiara Ferragni, se riceviamo più like su un post.
E possiamo sopravvivere anche senza, lo si evince da migliaia di anni di evoluzione umana.
Quando riceviamo un complimento o un apprezzamento, nella vita come nei social, mettiamo in circolo la dopamina, un ormone che ha il compito di farci sentire popolari, apprezzati e contenti. Ma, per ricevere sempre più like, bisogna spingere sempre più in là l’asticella dei post.
Più ci esponiamo e più riceviamo like. Perché nessuno resiste ad una foto di un bambino, un’opinione convinta o una confidenza ben assestata.
Lo scopo dei social è conoscerci per suggerirci un nuovo modello di smartphone, una Yankee Candle o un’ispirazione per un viaggio. Ma non possono diventare più importanti di un catalogo degli acquisti. Noi, quando ricerchiamo like mettendoci sempre più a nudo, li consideriamo molto di più di questo. I social, lo dicevamo, non sono gratis. Ma la moneta sul piatto la mettiamo noi. Siamo noi a gestire il gioco e a stabilire la posta. Sempre.
Facebook non è obbligatorio
C’è bisogno di pubblicare sempre dei contenuti? Qui mi tiro dietro le ire dei miei colleghi, che invece consigliano un post al giorno come se fosse la mela del medico. Io penso che si possa anche evitare di pubblicare qualcosa, se non strettamente necessario. E quando è necessario?
- Se non hai nulla da dire, non pubblicare. Non è che ogni giorno devi uscire con una perla di saggezza.
- Se hai qualcosa da dire, domandati quanta competenza hai in materia. E’ un’opinione consapevole o un pensiero da bar? Il mondo può fare tranquillamente a meno della tua opinione?
- Se hai qualcosa da dire e pensi che sia rilevante, domandati quali effetti possa avere sui tuoi contatti. Tutto ciò che è positivo, in termini di condivisione di esperienze o leggerezza, pubblicalo. Per il resto, desisti.
Questo perché, e ne abbiamo parlato qui, i social possono diventare un covo di ansie, paure, ostilità, rabbia. Uno sfogatoio. Che è un atteggiamento nocivo per tutti.
Possiamo vivere con o senza social. Sono uno strumento. Che, come tale, ha poco a che fare con la nostra autostima e con tutte le connessioni reali che gli diamo. Siamo noi a renderlo un demone o un passatempo. Però, se impariamo ad usarlo responsabilmente, possiamo trarne solo cose positive.
Su questo argomento, ho collaborato alla creazione di un libro, dedicato proprio ai genitori che desiderano intavolare un percorso di educazione digitale con i propri figli.
Il libro, che si chiama Internet è come la cioccolata, approfondisce come Internet può essere uno strumento utile in alcune fasi della crescita, dall’infanzia all’adolescenza, con app didattiche e stimolanti.
E, dall’altra parte, prepara i genitori ad affrontare quelle che potrebbero essere le problematiche legate ad un uso scorretto degli smartphone e della tecnologia: comportamenti sbagliati, dipendenza, cyberbullismo, errato utilizzo di social e app che possono minare la serenità dei figli.
L’educazione digitale è qualcosa che facciamo tutti insieme. La società, la famiglia e, quando è possibile, la scuola. Solo così possiamo imparare a vivere Internet in piena consapevolezza e libertà.